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Il comportamento quotidiano

La Psicologia Analogica ha ampiamente dimostrato quanto le conflittualità vissute nell’infanzia portino l’adulto a comportamenti ben distinti, con peculiarità evidenti nelle relazioni.

La conflittualità infantile è la vera causa di quello che definiamo “il carattere” o, come più corretto, “la personalità”.

L’insieme dei comportamenti tipici dei vari profili psicologici, sono stati osservati e codificati dalla Psicologia Analogica. Pur nella diversità riscontrabile tra vari individui anche appartenenti alla stessa conflittualità, si possono individuare chiaramente comuni comportamenti.La Psicologia Analogica offre molti strumenti per riconoscere in se stessi e negli altri la conflittualità vissuta. Come? Attraverso il linguaggio dell’inconscio. La nostra parte emotiva infatti comunica tutto di noi, in continuazione. Ma non usa la parola. La parte logica deve imparare questo linguaggio o non sarà mai in grado di percepire cosa l’inconscio vuole comunicare.l’inconscio non mente mai e la parte logica non può impedirlo!L’individuo forma la propria personalità nei primi anni di vita. Il neonato inizia la sua vita relazionale con i genitori e nei primi conflitti tra le sue esigenze e il grado di appagamento, riceve un primo imprinting che lo conduce definitivamente verso un comportamento rivolto al possesso o al desiderio. Il primo tratto della personalità a formarsi sarà quindi la predisposizione a possedere (distonia dell’Avere) o a desiderare (distonia dell’Essere).Qualcuno più fortemente di altri ma tutti apparteniamo ad una delle due modalità. Nei mesi seguenti, il bambino investe di responsabilità uno dei due genitori. E’ quello che sente meno amico, lo reputa più ostile con la sua istintuale quanto limitata capacità di valutazione. E’ forse il genitore che non ha gratificato una sua imperscrutabile esigenza. L’altro genitore lo fa sentire più sicuro. Riesce con un linguaggio corporeo o forse con la voce a comunicargli più sicurezza. E’ nata la conflittualità.Tutti assegniamo un ruolo ai nostri genitori ed è tra questi che distinguiamo il genitore “buono” da quello “cattivo”. Questo imprinting genitoriale, come per le paperette di Konrad Lorenz che seguono l’uomo perché è stata la prima figura vista alla nascita, ci condizionerà per tutta la vita. E’ l’inconscio che sceglie, attraverso canali comunicativi che la nostra parte logica nemmeno riesce ad immaginare. E’ l’inconscio che vorrà rivivere continuamente questa conflittualità in un meccanismo definito COAZIONE A RIPETERE.La stretta relazione tra conflittualità infantile e comportamento adulto risulta più evidente in uno stato tensionale, quando, per reazione ad un evento in grado di procurare emozioni inattese, la nostra parte profonda, l’inconscio, emerge prepotentemente a governare la situazione.Come si comportano le diverse conflittualità in occasione di un evento improvviso, a cui assistono e possono partecipare?

Proviamo ad immaginare una situazione: un incidente d’auto all’incrocio tra due vie. Un conducente rimane lievemente ferito e necessita di aiuto. La strada, alle 11 del mattino è  affollata, diverse persone assistono all’incidente:Sbaam! Rumore di fanali rotti e lamiere. Tutti si voltano istintivamente a vedere cosa ha provocano questo rumore, già intuendone la causa. In mezzo all’incrocio, tra due strette vie cittadine, due auto sono ferme. Capita spesso ma un incidente è pur sempre uno spettacolo che vale la pena di osservare. Su una delle due auto, una persona si tocca la testa dolorante. Ha cozzato contro il parabrezza e non scende subito. Che fare? Ecco un esempio di improvviso stato tensionale. Chi è nei pressi ne viene coinvolto e reagisce secondo la propria personalità.Tra gli spettatori, avremo innanzitutto gli “Avere” che non possono permettersi di svolgere un semplice ruolo da spettatore.

Si porranno in ruolo attivo, mentre gli “Essere” tenderanno ad osservare l’evoluzione degli eventi, partecipando solo se necessario.Non è tutto ovviamente. Interviene un altro tratto caratteriale: la conflittualità che ci ha tanto segnato nella formazione.

Ecco che i conflittuali padre, sia uomini che donne, che la Psicologia Analogica descrive sinteticamente come ASTE, assumeranno un comportamento aderente all’immagine di un padre ideale. Come si comporterà un’Asta? Assumerà un ruolo attivo se dell’Avere e interverrà, magari avvicinandosi alle auto, iniziando a criticare il comportamento al volante di uno dei due conducenti, preferibilmente colpevolizzando un maschio. Se è dell’essere interverrà a distanza, parlando con i presenti in tono accusatorio, con un atteggiamento rivolto a evidenziare i limiti dei conducenti coinvolti.Badate bene, qualunque cosa possa dire, se ne guarderà bene dal dare una mano al ferito! Insomma il ruolo dell’Asta è replicare ciò che avrebbe detto un padre al figlio che ha avuto la malaccorta idea di avere un incidente: sgridandolo puntandogli contro un dito con atteggiamento accusatorio. Pensa tra se (se vuole evitare un conflitto fisico con i conducenti coinvolti): “Lo dico sempre che le patenti le regalano! Non sapete proprio guidare, adesso arrangiatevi!” la gestualità dell'AstaPiù in là, tra gli spettatori, ecco un TRIANGOLO. Una persona che ha vissuto la propria conflittualità infantile con la madre. E’ una persona protettiva, assume il ruolo che avrebbe desiderato vedere nella madre. Con il bisogno di un contatto fisico con l’oggetto da proteggere, poserà la mano aperta sulla spalla del ferito. Se è dell’Avere, si avvicinerà cercando di dare soccorso ma litigherà con le donne presenti tacciandole di manifesta incapacità e occuperà la scena indipendentemente dalle sue effettive capacità di portare un aiuto costruttivo, difficile sottrarsi alle sue attenzioni.Se è dell’Essere cercherà comunque di portare un aiuto, di sostituirsi agli altri indecisi, magari procurandosi un cordiale al bar dell’angolo da porgere gentilmente al ferito. Forse non sa che altro fare ma sentirà l’impellente necessità di assumere un ruolo protettivo, corrispondente alla sua idea di madre ideale.Pensa tra se: “Sono degli incapaci, meglio che faccia io quello di cui c’è bisogno!” la gestualità del TriangoloFinalmente intervengono gli EGO, che la Psicologia Analogica sintetizza e descrive come Cerchi. Sono i controllori del traffico. Impartiscono direttive, con ampi gesti circolari, senza partecipare alla realizzazione. Sono coloro che diranno cosa va fatto: che bisogna telefonare a un’autoambulanza, che sarebbe meglio non spostare il ferito, che il modo migliore per non intralciare la circolazione sarebbe quello di spostare le auto appena risolto il problema del ferito. Insomma osservano e indicano le soluzioni ma, badate bene, nessun cerchio sentirà l’impulso di rimboccarsi le maniche per fare alcunché.Se dell’Avere lo vedremo in ruolo attivo, prendendo il controllo della situazione, distribuirà compiti ai passanti.Penserà: “Bisogna che dia istruzioni e controllerò che qualcuno lo faccia”.

Se è dell’Essere, lo vedremo in disparte. Osserverà la scena, offrirà un parere se richiesto e, dentro di se, filosofeggerà su “Come sarebbe migliore il mondo se tutti guidassero come dico io…”.L’Ego è una figura particolare. E’ nato e ha percepito una conflittualità con uno dei genitori, come tutti, ma si è successivamente trasformato. Le cause sono da ricercare nel rapporto con il genitore “buono” quello gratificante, che nel corso della crescita è stato percepito come “sbagliato” in occasione di un evento in cui la gratificazione non è giunta. Il cerchio, non potendo cambiare la sua personale conflittualità creatasi con il genitore “cattivo”, trasforma il proprio comportamento in diffidenza verso entrambi i genitori, ora visti come uomo e donna non più come padre e madre.E’ un osservatore, così come ha dovuto osservare i genitori nella relazioni tra di loro e si comporta come avrebbero dovuto comportarsi i genitori. E’ intuibile che il cerchio cerca di ricreare la triade della famiglia di origine. Ecco quindi che i soggetti che intervengono sono almeno tre. Lui stesso, una figura che interpreterà il padre ideale e una la madre ideale. la gestualità dell'Ego 

Nel corso della vita, altri turbamenti contribuiscono a formare ciò che siamo ma nulla può evitare che, nei momenti di tensione, il nostro inconscio perda l’occasione di farci rivivere la nostra conflittualità.Al povero ferito del nostro esempio non rimane che augurarsi che la somma di tutti questi comportamenti, porti a qualcosa di costruttivo. Sicuramente gradirà la vicinanza di uno solo dei personaggi che sono intervenuti. Uno solo tra aste, cerchi e triangoli sarà oggetto della sua attenzione e ne seguirà le mosse. Ne sarà stimolato emotivamente…Ma questa è un’altra storia.Attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla Psicologia Analogica si può leggere chiaramente, attraverso gesti e comportamenti, il linguaggio delle emozioni. Non occorre essere affermati psicologi per comprendere se stessi e il prossimo. Non si tratta di curare disturbi comportamentali ma comprendere le leggi che governano l’uomo e il suo comportamento.

I segnali emessi dall’inconscio sono sotto gli occhi di chiunque, e sono un’infinità, basta imparare a leggerli.

 

Le ralazioni con l’altro sesso

 

Molto spesso, le varie scuole di pensiero psicologico e, più in generale, i vari orientamenti di pensiero che si occupano delle relazioni interpersonali sia sotto il profilo evolutivo-educativo sia sotto il profilo clinico sembrano voler sminuire l’importanza del disagio e della sofferenza generate da situazioni fallimentari che si possono verificare nell’ambito delle relazioni tra i sessi.

Meglio, sembra quasi che tali situazioni fallimentari diventino degne di nota e di studio solo nel momento in cui ci si trova di fronte ad un contesto riconosciuto come patologico. In realtà, se fosse possibilequantificare la sofferenza subita, nel complesso, dal genere umano, quasi sicuramente, dopo la mancata soddisfazione dei bisogni primari, scopriremmo che situazioni problematiche nel campo delle relazioni affettive e sessuali sono una delle maggiori fonti di sofferenza per il genere umano.

Passando dalle vicende umane in generale alla scala delle singole storie individuali, notiamo che, a partire dalle prime esperienze, le relazioni con l’altro sesso, se da un lato ci permettono di conoscerci meglio, di prendere, per così dire, le misure di quello che siamo, delle nostre qualità, dall’altro, inevitabilmente, con i primi insuccessi, prendono corpo tutte quelle valutazioni negative su noi stessi, legate ai nostri stati psicologici di disagio, che ci portano ad attribuire alle nostre mancanze, alle nostre insicurezze, la causa dei nostri insuccessi.

In altri casi, dette mancanze verranno attribuite alle persone con le quali siamo entrati in una qualche relazione; sarà allora la controparte ad essere ritenuta responsabile dei vari fallimenti e delle varie difficoltà.

In alcuni casi, la presenza di situazioni traumatiche adolescenziali e giovanili è causa o amplificazione di vere e proprie patologie psichiche ed può aprire con estrema facilità la strada a varie forme di devianza.

La maggior parte delle persone supera queste sensazioni di disagio, di propria inadeguatezza o di altrui insufficienza per demandare a relazioni future la realizzazione di un rapporto appagante. E’ infatti così forte la spinta verso la soddisfazione delle proprie esigenze affettive e sessuali da permetterci, in un certo senso, diignorare del tutto o in parte quanto di negativo è stato vissuto. Nonostante ciò, una traccia di queste prime esperienze negative rimane nella psiche di ogni individuo e, qualora venissero ad aggiungersi altri fallimenti, altre simili esperienze, queste si sommeranno alle precedenti, dando maggior forza a quelle valutazioni negative di cui parlavamo in precedenza sino a farle diventare un vero e proprio vincolo in grado di modificare i sentimenti ed il comportamento.

In alcuni casi si produrrà una totale chiusura rispetto ai propri bisogni, ai propri sentimenti, generalmente accompagnata da un forte senso di disistima nei propri confronti e da un atteggiamento rinunciatario nei confronti del sesso opposto. In altri casi prevarrà la tendenza ad usare il partner. In rapporti di questo genere, se la componente sessuale permane, la componente affettiva tende ad affievolirsi sino a scomparire del tutto o almeno a giocare un ruolo decisamente marginale nella relazione. L’incapacità di innamorarsi è un tratto caratterizzante di queste personalità.

La comprensione di queste complesse dinamiche è possibile solo tenendo conto di alcune caratteristiche generali fondamentali comuni ad ogni forma di coinvolgimento psicologico. Il bisogno di innamorarsi, così come quello di avere una fede di qualsiasi tipo essa sia, di seguire una qualsiasi figura carismatica, di avere una qualunque idea-guida sono antecedenti all’innamoramento, all’adesione ad una determinata fede filosofica, politica o religiosa o al momento in cui ci si fa trascinare da qualcosa o qualcuno; su tutto ciò è prevalente l’esigenza di coinvolgersi.

Senza dubbio, anche se alcune ricerche scientifiche hanno posto in rilievo come forme di coinvolgimento paiono essere presenti in altre specie animali, questo fenomeno necessita per manifestarsi inequivocabilmente, di una vita sociale, dunque di un pensiero e di un linguaggio ben strutturati.

Occorre, sulla scorta delle considerazioni precedenti, portare l’attenzione su una caratteristica peculiare dell’amore: sotto il profilo biologico si tratta di una molla potentissima, necessaria per la sopravvivenza stessa della specie umana e per la sua evoluzione mentre, sotto il profilo psicologico esso pare rappresentare unmodello puro di quel coinvolgimento di cui parlavamo poco più sopra.

Ne deriva un ruolo centrale, imprescindibile, nell’esperienza umana. Ritorniamo a quanto detto: il bisogno di innamorarsi è presente prima dell’innamoramento stesso.

E’ stata esposta più volte in passato la metafora di quello stato d’animo che è comunemente definito “amore” paragonato a un’ape mentre l’oggetto dell’amore è stato paragonato ad un fiore. Il ronzare dell’ape in cerca del suo fiore rappresenta quello stato di indefinita inquietudine, a volte del tutto impercettibile, che precede il momento dell’innamoramento. Il sentimento verrà percepito nitidamente solo quando l’ape si poserà sul fiore, solo quando potrà essere indirizzato verso una determinata persona.

A questo punto le possibilità sono molteplici, quasi illimitate, comunque sempre da vedersi come comprese tra due estremi, tra due possibilità base: in una delle due l’oggetto d’amore appaga completamente le aspettative, nell’altra nessuna aspettativa verrà appagata. Nella prima eventualità, da vedersi fondamentalmente come ipotesi puramente teorica, il piacere è l’elemento prevalente, al punto da portare ad una condizione di gioia; ma la completa soddisfazione delle esigenze espresse porterà, come vedremo in seguito, al decoinvolgimento, alla fine dell’innamoramento. Nella seconda eventualità il ruolo determinante sarà svolto dalla sofferenza: siamo qui in presenza di quella che è stata definita dalla nostra scuola come la rigenerazione del bisogno. L’oggetto d’amore, negandosi, renderà ancora più forte il desiderio nella persona coinvolta.

L’eventualità che ognuno di noi, nelle proprie vicende, si trovi a relazionarsi con persone propense a comportarsi in maniera più simile ad una o all’altra delle due possibilità, così come la propensione a reagire secondo l’una o l’altra ipotesi non è frutto del caso ma l’espressione delle nostre istanze emotive più profonde, delle nostreesigenze inconsce, delle nostre paure; proprio queste, contrariamente a quanto si possa credere comunemente, svolgono un ruolo determinante nella nostra vita affettiva e sessuale.

 

Introduzione alla Psicologia Analogica

 

Seguendo le intuizioni dello Psicologo e caposcuola Stefano Benemeglio, vogliamo in queste pagine offrire i fondamenti della teoria della “PSICOLOGIA ANALOGICA“.

 Una straordinaria e innovativa disciplina che studia le leggi e le regole che governano il comportamento emotivo dell’uomo.

Il pensiero logico e il pensiero emotivo convivono, proprio grazie al loro eterno conflitto, nella mente dell’uomo condizionandone la personalità, le scelte, i comportamenti. La Psicologia Analogica giunge a studiare la nostra parte emotiva, altrimenti irraggiungibile, attraverso l’osservazione dei segnali emessi inconsciamente.

Quali segnali emettiamo? Un’infinità, e di vario genere. Gestuali innanzitutto. Anche se tentiamo di controllarci il nostro corpo assume posture, compie gesti, si sposta senza un apparente significato. Eppure ognuno di noi ha una gestualità caratteristica, cosa significa? E’ la comunicazione non verbale, frutto diretto del nostro inconscio che, attraverso questo linguaggio, dichiara al mondo la propria esistenza. E tutto questo senza l’intervento della nostra parte logica che non è assolutamente in grado di controllare la parte emotiva. Sono ben riconoscibili segnali di tensione, di gradimento o di rifiuto, che possono essere tranquillamente negati dalla parte logica.

Comunichiamo anche segnali importantissimi che esprimono le conflittualità vissute, i turbamenti, le sindromi che ci affliggono. La nostra personalità, insomma.

Tutti questi segnali, involontari per la parte logica, sono linguaggio della parte emotiva: il nostro inconscio.

La Psicologia Analogica studia questo linguaggio, attraverso il quale riesce ad accedere alla parte più profonda del nostro Io.

Perché è così importante conoscere il nostro inconscio? La parte logica della nostra mente comunica in modo tradizionale attraverso la parola. La parola è espressione del nostro pensiero logico ma quello che dichiariamo è veramente ciò che intendiamo? Mai.

I processi espressivi dell’inconscio sono sempre in conflitto con quelli logici, spesso sono contrari, anche se non vogliamo intenzionalmente mentire. Attraverso la parola esprimiamo concetti logici, riflessivi e ponderati. Il nostro Io Profondo ha altre esigenze, più forti perché frutto dei nostri turbamenti. L’inconscio, però, non può esprimersi comunicando le emozioni alla parte logica affinché le traduca in chiaro con la parola. Non c’è alcuna comunicazione tra queste due istanze. Ciascuna comunica attraverso i mezzi a disposizione: la parola per il pensiero logico, la comunicazione non verbale per il pensiero emotivo.

Ecco il significato di Psicologia Analogica: la psicologia che studia la parte emotiva, e non logica, del nostro Io: l’inconscio, il contenitore delle nostre emozioni.

Seguendo il percorso predisposto su queste pagine si può comprendere quanto sia importante arrivare a conoscere le nostre vere esigenze emotive e riconoscere quelle dei nostri interlocutori.

A che serve sentirsi dire “Ti amo” se la parte emotiva nega chiaramente questa affermazione con segnali non verbali di rifiuto? Quel “Ti amo” assume il significato di “Vorrei amarti ma in realtà non ti amo”.

Oppure capita spesso di sentire qualcuno che si lamenta di una insostenibile situazione professionale, ma se il suo inconscio invece gradisce, contro ogni logica, essere maltrattato stiamo pur certi che ce lo comunicherà con chiari segnali non verbali, magari anche solo accarezzandosi i capelli mentre si lamenta, per dirci “Mi piace essere mortificato”!

Quanto è difficile da accettare che il nostro inconscio gradisca un capoufficio tiranno. Eppure il nostro inconscio è capace di ben altro. Nutrendosi di pure emozioni, senza avere la capacità di riconoscere il bene e il male che sono frutto di apprendimento solo della parte logica, può spingerci a scelte improponibili, creando le basi per conflitti enormi nella nostra mente.

Riconoscere le proprie esigenze emotive è un passo fondamentale per vivere meglio. Dopo aver compreso come si forma la nostra personalità, potrete comprendere anche quali pericoli corriamo nell’ignorare il nostro Inconscio, quella parte di noi che cerca costantemente di ritrovare le forti emozioni che lo hanno formato, conducendoci a volte a delle scelte e a dei comportamenti che saranno fonte di infelicità.

 

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